Penso all'attesa del Natale, come era da bambino, secondo i miei ricordi in "Povero e tremante Bambinello", pubblicato due anni fa
in diverse web-pagine di Papa Francesco, come dai link qui di seguito annotati.
Grazie per il tuo primo commento
17:05�Papa Francesco��A Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ���
Ciao Giancarlo Pallavicini,
�ho ricevuto e pubblicato il tuo primo commento sul mio blog all'articolo:�Come Contattare Papa Francesco�Grazie e arrivederci!
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Papa Francesco
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giancarlo pallavicini
23 dicembre
Natale: povero e tremante bambinello (negli anni 30, in Desio)
(dal mio blog in www.giancarlopallavicini,it)
Si usciva di casa, in Via Spinelli, al richiamo delle campane per la Novena di Natale. La strada era scura, ma con la brina che luccicava all'approssimarsi del fascio di luce dei pochi lampioni gialli. Nella roggia l'acqua scorreva silenziosa.
La mano nella tasca, al riparo dal gelo talvolta pungente, stringeva un pezzetto di pane che, sbocconcellato, avrebbe dato gioia al ritorno: l'unica concessione prima della cena.
Superato il Pontello della "Bruna", si andava verso la piazza. Alla sinistra la mole della Basilica ombreggiava nel cielo, ormai quasi buio, ma al suo interno era già un brillare di lampade e di molte lunghe candele sull'altare, che davano risalto all'oro dei paramenti ricchi di colore.
In prima fila noi bimbi, nell'attesa trepidante di ascoltare, tra le letture, le parole "povero e tremante bambinello", con le quali la tenerezza del Pargolo scendeva dolce in noi e con essa restavamo sino allo spegnersi fumigante dell'ultima candela, propiziato dall'addetto col lungo spengitoio.
Intuivamo che da grande quel Bambinello avrebbe continuato ad amarci tutti nel Suo cammino tra fuga in Egitto, parabole da noi avvertite più nell'azione che nel significato, forse appena sfiorato, e luminosi miracoli, sino alla gioia delle Palme, cui doveva seguire il tremore del Getsemani e poi il dramma del Golgota.
Sensazioni che calavano in un mondo radicato nelle figure familiari, che avremmo presto incontrato attorno al parco, ma sicuro desco, nel tepore della casa. Poi il brano letto dalla mamma o la ripetuta favola di sempre o, magari, l'ultimo maneggiare discreto di bigliette colorate e figurine, che già avevano occupato buona parte del giorno. Tutto, infine, si concludeva rapidamente, nell'eco ovattata del Rosario, col capo reclinante verso un sonno sereno nell'attesa certa del nuovo giorno.
"Povero e tremante bambinello", questo passaggio quasi materializzava l'immagine riccioluta dell'iconografia più classica, che partecipava della quotidianità nelle case, assieme alla Madonnina di gesso, al Sacro Cuore o anche a Maria Bambina, fasciata e sempre protetta da una campana di vetro, a testimoniare una Fede ricevuta e quotidianamente confermata nel duro lavoro, con i suoi ritmi abituali, e la discreta, ma vigile, attenzione ai vicini nei vecchi cortili e nelle ampie corti.
Chissà se nell'imminente novena del Natale 2002 tutto può accendersi come allora negli occhi sgranati di un bambino! Per noi anziani quel Bambinello è ormai in Croce; porta i segni del Suo cammino, che dalla Natività, giunge al Sacrificio, tanto più vicino, quest'ultimo, al sentire di chi ha vissuto, ancorché memore della tenerezza del povero e tremante bambinello.
Questa tenerezza è però capace di rimuovere il sedimento di un vissuto anche a lungo disattento e di ravvivare il luccichio di una speranza che si alimenti della Natività. Essa ha portato Dio all'uomo e l'uomo a Dio, con la Redenzione e la Resurrezione.
Dovrebbe bastare per dare spessore al presente di ciascuno ed aprirlo al futuro nella pienezza e nella forza dell'essere nati e del cammino che ci attende con Cristo Gesù, vero Uomo e vero Dio.
Giancarlo Pallavicini
ile:///Users/giancarlopallavicini/Documents/PAPA%20FRANCESCO%20%22Come%20Contattare%20Papa%20Francesco%22%2028%20Dic.14.webarchive
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Caro Esimio Professore Mauro Lacagnina,
ho visto con grande interesse il 'catalogo' e non posso esimermi
dall'esprimere, nell'immediato, un sentito plauso per la qualificata
e armoniosa sua composizione: capace persino di offrire una corposità
che trascende la stessa dimensione dell'opera. Lo accompagna il
mio sentito grazie a quanti hanno contribuito alla sua realizzazione,
dagli autori dei testi a tutti quelli che, come Lei, si sono adoperati per
il miglior esito dell'iniziativa. Il tutto costituisce premessa per un futuro
percorso, atto a contribuire alla valorizzazione del consistente patrimonio
culturale di cui dispone Trequanda ed il suo territorio. Ad esso mi è doveroso
assicurare l'apporto della mia Fondazione Onlus e della connessa
Associazione culturale e umanitaria, giusti i colloqui con Ella intercorsi
recentemente per dare corpo alle premesse formulate con il Signor
Sindaco Ingegner Roberto Machetti e la Gentile Dottoressa Monia Ciolfi.
L'occasione mi è cara per porgere a tutti un saluto, con stima e sentita
amicizia.
Giancarlo Pallavicini
Mi è caro esprimere l’intimo mio compiacimento per tutto ciò che favorisce la fruibilità dei reperti archeologici della collezione che porta il mio nome, da me amati singolarmente e nel loro insieme. Collocati qui a Trequanda, anziché in altre aree, nella ricerca di una contestualizzazione nel territorio ospitante, che contribuisca alla valorizzazione culturale del luogo, essendone a loro volta valorizzati.
Plaudo quindi a promotori e realizzatori di questa pubblicazione, che si avvale della sensibile competenza delle personalità istituzionali ed accademiche che firmano le sintetiche, ma esaustive note che introducono, descrivono e accompagnano la conoscenza della collezione e di alcuni tra i reperti più significativi di cui essa si compone. E ciò contestualizzandone l’azione nel territorio di Trequanda, dalla sua storia antica, di cui esso conserva diversi richiami, sino alla contemporaneità.
Quest’ultima favorita pure dalla presenza, nel Plesso Museale di Trequanda, del Museo della Terracotta di Petroio, così vicino alle particolarità produttive del territorio, nonché della Raccolta di arredi sacri a Castelmuzio, a testimonianza di una fede antica, cui è auspicabile si accompagni, in un prossimo futuro, l’esposizione della vasta raccolta mineralogica e di quella paleontologica, di cui dispone il Comune.
Un assieme che mi induce a ricordare la dicotomia attribuibile ad un Museo, immaginabile, da un lato, come una “finestra chiusa”, e , dall’altro lato, come un “balcone aperto” sul territorio circostante.
Una finestra chiusa, con il chiarore di un lume dietro le persiane, che lascia intuire la luce che promana dai materiale esposto e che richiama il poemetto in prosa “Les fenêtres” di Baudelaire e il suo pulsare della vita, oltre la finestra chiusa, nello spazio illuminato da una candela.
Ma, ancora di più, un balcone aperto, spalancato sull’ambiente circostante. Non tanto per guardarvi dentro, quanto, e soprattutto, per traslare all’esterno il messaggio che proviene a noi dai reperti esposti, in un avvilupparsi di arte e storia, che si connette col territorio, per riconoscerne i segni di una dinamica culturale, estetica e ambientale. Talvolta al presente, talaltra rimarcando le mutazioni intervenute e lo scorrere delle epoche.
Nello specifico di Trequanda, dal Museo, coi suoi reperti villanoviani, etruschi e romani, che riflettono da vicino la realtà storico-culturale ed estetica di quest’area, possiamo intuire e apprezzare meglio le sue antiche radici.
Da affezionato collezionista, mi è quindi doveroso esprimere un grazie a quanti, con capacità e impegno, si sono adoperati per la realizzazione del museo e sono oggi attivi nel favorirne la fruizione: dall’Amministrazione Comunale, alla Soprintendenza Archeologica, al connesso Museo Archeologico di Chianciano Terme, al Sistema Museale Senese, ai valenti professionisti e studiosi impegnati nell’opera, cui è doveroso aggiungere le istituzioni che hanno sostenuto, anche finanziariamente, l’ambita realizzazione museale, nonché la cittadinanza tutta, che ha dato ampia prova di sensibilità culturale e di virtuoso e concreto impegno.