Shiller Institute

  SCHILLER INSTITUTE CONFERENCE

Rebuild the World Economy After the Systemic Crisis

by Our Wiesbaden Bureau

The Schiller Institute, founded by Helga Zepp-LaRouche, held an interna- tional conference in Rüsselsheim, Germany, Feb. 21-22, with the title, “Re- building the World Economy after the Systemic Crisis.” Keynoted by Lyndon LaRouche and Helga Zepp-LaRouche, the conference was at- tended by about 350 people from 25 nations.

After the LaRouche Youth Movement (LYM) Chorus set the tone with a performance of J.S. Bach’s motet “Jesu, meine Freude,” Lyndon La- Rouche gave his opening speech, “The Next Steps,” which is published in full below. He asserted that we are in a crisis such as the world has not seen since the 14th-Century New Dark Age, a crisis that threatens to destroy all civilizations and cultures, and a large proportion of the world population.

To overcome this crisis, he said, two seemingly contradictory things are needed: First, especially in Europe, a reassertion of national sovereignty. But, at the same time, a community of sovereign nations must join together in a global effort to deal with the collapse. The role of the United States will be crucial to create a new financial system—a credit system, not a mone- tary system—in conjunction with Russia, China, and India.

Helga Zepp-LaRouche’s keynote, also published in this Feature, was on “Europe’s Role in the Coming Renaissance.” One must be a true optimist, she said, to choose such a title for a speech, at a time like this! But since there is no alternative to such a renaisssance, the point is to make it happen.

Other presentations will appear in forthcoming issues of EIR. The speakers were, in the order in which they spoke:

Prof. Hans Köchler, Austria, president of the International Progress Organization, “Return to a New World Economic Order: Philosophical 4 Feature EIR March 6, 2009

Considerations on the Collapse of Globalization.” Prof. Wilhelm Hankel, Germany, former chief economist of the Kreditanstalt  für Wiederaufbau (KfW, Reconstruction Finance Agency), a collaborator of the late economist and German government minister Karl Schiller, spoke on “The Future of the Euro.”

Gen. Eric de la Maisonneuve (ret.), France, president of the Society for Strategy, “Change of an Epoch: The Need for a New Policy.”

Prof. Devendra Kaushik, India, former chairman of the Center for Russian, East European, and Central Asian Studies, Jawaharlal Nehru University, New Delhi, and chairman of  Maulana Azad Institute of Asian Studies, Kolkata, examined the strategic relations among the United States, Russia, China, and India.

Jacques Cheminade, France, chairman of the po- litical party Solidarity and Progress (Solidarité et Progrès), “Why a New ‘Pecora Commission’ Is Ur- gently Necessary.”

Father Bonifacio Honings, Italy, professor of moral theology at the Gregoriana University and former dean of the Lateran University in Rome, “The Social Teaching of the Church as the Ethical Foundation for LaRouche’s Plan A and B.”

Prof. Norton Mezvinsky, U.S.A., Connectituct State University, “The Perspective of the Obama Administration for Peace in Southwest Asia.”

Prof. Giancarlo Pallavicini, Italy, economist and member of the Russian Academy of Sciences, “An Overview of Current Economic and Financial Doctrine and Practice.”

Portia Tarumbwa-Strid, Zimbabwe, LYM, “How the Earth Has To Look in 50 Years.”

Julien Lemaître, France, LYM, used the case of Johannes Kepler to discuss the changes in thinking that are required to achieve effective political change.

Portia Tarumbwa-Strid, Zimbabwe, LYM, “How the Earth Has To Look in 50 Years.”

Julien Lemaître, France, LYM, used the case of Johannes Kepler to discuss the changes in thinking that are required to achieve effective political change.

 

Kasia Kruczkowski and Petra Carlsson, Germany, LYM, “The Role of Youth in the Coming Renais- sance.”

Elodie Viennot, France, LYM, addressed the principle of Classical composition, as shown in Bach’s “Jesu, meine Freude.” 

The LYM chorus, under the baton of Stefan Tolksdorf, sang excerpts to illustrate her points, and then sang the entire motet again.

To conclude the conference, La Rouche reempha- sized the special role of the United States in dealing with the crisis today. Americans are optimistic, because of their history, he said, while Europeans tend toward pessimism. Therefore, the initiative to overcome the crisis must come from the United States. He vowed to do everything in his power to move the new U.S. administration in this direction.

March 6, 2009 EIR

Feature 5

EIRNS/Julien Demaître

(INSERIRE FOTO IN  no nome:  b)

Lyndon LaRouche addresses the Schiller Institute’s conference in Rüsselsheim. Seated left to right: Prof. Giancarlo Pallavicini, Father Bonifacio Honings, Jacques Cheminade, Helga Zepp-LaRouche, Prof. Noreton Mezvinsky.

 

 

 

                                       

 

 

Sfidare la tirannia, per un giusto ordine economico

Aprendo la sessione pomeridiana della conferenza, Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute, ha esordito esprimendo l’idea ottimistica che nonostante l’attuale degenerazione politica e culturale, l’Europa possa svolgere un ruolo nel “prossimo Rinascimento”. Ha citato il poeta classico tedesco Friedrich Schiller e la sua storia della lotta per la liberazione delle Fiandre come un ottimo esempio scritto di come la popolazione di una piccola nazione sia in grado di rovesciare la tirannia più possente se unita nella fiducia e munita delle giuste idee. L’attuale crisi globale, con trilioni di dollari gettati in pacchetti iperinflazionistici di salvataggio delle banche, poteva essere evitata dando ascolto alle proposte di LaRouche su una riorganizzazione fallimentare, formulate nella webcast trasmessa il 25 luglio 2007. All’interno dell’establishment politico europeo, l’unico segnale di speranza è il ruolo svolto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che intende mettere la Nuova Bretton Woods all’ordine del giorno del vertice del G8 che si terrà in Italia in luglio. Tuttavia, se i tedeschi continueranno a restare aggrappati all’ideologia monetarista ed ecologista prevalente oggi, in un futuro non lontano vedranno la Porta di Brandeburgo e il Duomo di Colonia sprofondare nella giungla, esattamente come Angkor Vat, capitale dell’antica Cambogia.

Jacques Cheminade, presidente di Solidarité et Progrés, il movimento di LaRouche in Francia, ha fatto una ricostruzione dettagliata del lavoro della Commissione di Inchiesta del PM di New York Ferdinand Pecora, che nel 1932 preparò il terreno alla regolamentazione del sistema bancario USA che gettò le basi per il New Deal di Roosevelt e dando così il via alla ripresa dell’economia fisica americana.

 Un’angolazione diversa della stessa politica è stata fornita da Padre Bonifacio Honings, ex decano della Pontificia Università Lateranense a Roma, che ha riesaminato le più importanti encicliche della dottrina sociale della Chiesa (a partire dalla Rerum Novarum del 1891, proseguendo con la Mater et Magistra, con la Populorum Progressio di Papa Paolo VI nel 1967 e arrivando alla Centesimus Annus di Giovanni Paolo II) trovando un nesso tra la dottrina sociale della Chiesa e le proposte di LaRouche per un più giusto ordine economico mondiale.

 La questione scottante del conflitto arabo-israeliano è stata affrontata dal Prof. Norton Mezvinsky della Connecticut State University, il quale si batte da 40 anni negli Stati Uniti per la pace in Medio Oriente. Il relatore americano ha descritto le difficoltà nell’arrivare ad una soluzione pacifica del conflitto a causa delle provocazioni israeliane iniziate sotto Ariel Sharon, e del raddoppio degli insediamenti negli ultimi 17 anni, che rende impossibile il concetto dei due stati.

Un’alternativa, ha proposto, sarebbe quella storica di Albert Einstein per uno stato binazionale, in cui risiedano sia gli ebrei israeliani che gli arabi palestinesi, e che sembra di più facile realizzazione.

 Ha concluso la sessione il Prof. Giancarlo Pallavicini, membro italiano dell’Accademia Russa delle Scienze Naturali (RANS), che ha parlato dell’urgenza di tornare ad una politica economica e finanziaria che dia la priorità ai requisiti dinamici dell’economia reale, sostenendo la proposta della Nuova Bretton Woods.

 La sessione conclusiva della conferenza, dal titolo “I prossimi 50 anni sulla terra”, è stata condotta da membri del movimento giovanile larouchiano (LYM) da diversi paesi, che si sono concentrati sul concetto dell’uomo come individuo creativo, capace di scoprire i principii scientifici universali che rendono possibile il progresso del genere umano come un tutto. A dimostrazione di tali principii universali il coro del LYM ha eseguito il mottetto “Jesu meine Freude” di J.S.Bach.

 A conclusione della conferenza i 350 partecipanti hanno approvato la “mozione di Ruesselsheim” che partendo dalla crisi dell’OPEL (che ha sede a Ruesselsheim) chiede interventi urgenti per salvare il settore dell’auto riconvertendolo per la produzione di infrastrutture orientate allo sviluppo dei paesi meno sviluppati.

 

 

SHILLER INSTITUTE CONFERENCE, “Rebuilding the World Economy after the Sistemic Crisis”, Frankfurt area, 21-22 February 2009:

GIANCARLO PALLAVICINI: “A review of current economic and financial doctrine and pratice (Il titolo originale è “Una verifica dell’economia e della finanza come dottrina e come prassi”).

(INSERIRE TESTO IN INGLESE)

 

 CONFERENZA SHILLER INSTITUTE, “Ricostruzione dell’Economia Mondiale dopo la Crisi Sistemica”, Francoforte sul Meno, 21-22 Febbraio 2009

 “Una verifica dell’economia e della finanza come dottrina e come prassi” di Giancarlo Pallavicini Economista Accademico delle Scienze della Federazione Russa (Rans) Comitato Scientifico del Centro Studi Michea

 

Essere o poter essere: una dicotomia di vaga assonanza shakespeariana nella quale finisce con l’imbattersi l’economista quando voglia affrontare le tematiche della società contemporanea. In tale dicotomia, l’essere delinea la situazione che di fatto è andata sviluppandosi nell’economia degli ultimi decenni, culminando nell’attuale crisi, mentre il poter essere prefigura un percorso virtuoso dell’economia, che avrebbe potuto addurre a situazioni migliori e più attente all’umanità ed al suo ambiente culturale e naturale.

Nell’essere, la globalizzazione ha agito come catalizzatore dei processi dell’economia in generale e della finanza in particolare esaltandone gli effetti, secondo opportunità spesso suggerite dall’egoismo individuale, insufficientemente mediato culturalmente e privo dei necessari indirizzi verso l’interesse generale. L’economia, nella ricerca di una sua identità come scienza, ha smarrito la dimensione relazionale con le altre discipline riguardanti l’uomo ed il suo ambiente ed ha esaltato il solo profitto in una tensione al breve, che ha persino eroso i fondamenti di una corretta attenzione al medio e lungo termine e la necessaria considerazione dell’interesse generale.I

In simile esaltato svolgersi delle vicende economiche, tutto sembrava ruotare attorno ad un nuovo Molok, che scandiva i ritmi di un consumismo senza ragione in un’espansionesconsiderata del debito pubblico e privato: da qui la crisi.

Oggi il debito complessivo assomma a 12,5 volte il PIL di tutti i Paesi del mondo e cinque sesti dell’umanità vive in aree di sottosviluppo o soffre la fame, mentre sacche di povertà vanno estendendosi anche nelle aree economicamente progredite. Un debito che, se non sterilizzato in misura adeguata e protratta nel tempo, rischia di rendere vani i pur costosi interventi a sostegno dell’economia, che finirebbero col curare i sintomi e col lasciare immutata, se non addirittura con l’aggravare, la malattia. Infatti, il trasferimento del debito privato al debito pubblico, che talvolta appare indispensabile, non diminuisce il debito complessivo, ma lo carica di conseguenze in danno delle attuali e future generazioni, senza incidere sull’aspetto endemico della gravosità del debito e senza prefigurare quei cambiamenti che si impongono per rimuovere stabilmente le cause della crisi in atto e ripristinare l’indispensabile trasparenza e la conseguente fiducia nell’ambito dei circuiti finanziari, ”in primis” nel sistema bancario.

Un discorso a sé va fatto per i cosiddetti titoli tossici, che dovranno essere neutralizzati con interventi mirati, idonei a ripristinare la reciproca fiducia tra le banche, ricercando alternative che evitino la facile tentazione di addossarne l’intero onere presente e futuro alla collettività.  Viene qui posta in questione l’attività prettamente finanziaria, che negli ultimi decenni è diventata spesso il “core business” di molte banche, avviluppatesi in un vortice operativo inidoneo ad esercitare con la dovuta cautela la funzione intermediatrice tra i risparmiatori ed il mercato mobiliare, carico di prodotti derivati di difficile valutazione per gli stessi addetti e talvolta caratterizzati da  intrecci di interessi che hanno sminuito la credibilità delle istituzioni ed allentata la reciproca fiducia.  Il ripristino di una più ordinata attività finanziaria deve prendere le mosse da una distinzione tra la funzione primaria di strumento creditizio per l’economia reale, cui la banca è  preordinata, e quella essenzialmente finanziaria, che andrebbe svolta in situazioni di maggior trasparenza e con maggior attenzione ai rischi cui vengono esposti gli investimenti della clientela. A ciò potrebbe contribuire un nuovo complesso di regole, avendo pure presenti le vicende che a seguito della grande depressione degli anni ’30 portarono alla distinzione nei Paesi europei tra banche di deposito e banche d’affari e tra banca e holding.

E’ auspicabile che negli interventi pubblici nell’ambito bancario per attenuare l’impatto della crisi sulle attività economiche e sull’occupazione e per favorire l’innovazione utile alla futura sostenibilità dell’economia, pur agendo con immediatezza, ci si ispiri anche ad un superamento delle condizioni che hanno reso possibile il deterioramento dell’attività finanziaria e con esso l’impoverimento dell’economia reale del mondo intero.

 Ciò postula che si operi verso un cambiamento soprattutto culturale:

1) che parta dal presupposto che, superata la crisi in atto, non potrà tornare tutto come prima; 

 2) che, già nell’azione di contrasto alla crisi, consenta alla politica economica di riaffermare il proprio ruolo nell’equilibrato perseguimento dei suoi fondamentali obiettivi, senza eccessivi condizionamenti e squilibri che compromettano il raggiungimento degli stessi obiettivi prescelti; 

 3) che eviti le derive protezionistiche e l’accentuazione dei nazionalismi, che poi inducono al militarismo ed alla sottrazione di risorse destinabili ad interventi più virtuosi; 

 4) che riconosca che il consumo pubblico e privato, non adeguatamente rapportato a ciò di cui si dispone ed estraneo alla responsabilità verso gli altri, assolve male il ruolo individuato nelle teorie keynesiane e diviene causa di un’eccessiva espansione del debito e di gravi sperequazioni nello sviluppo dell’economia mondiale; 

 5) che definisca ed adotti regole in grado di assicurare che l’attività economica,  quella finanziaria compresa, pur essendo orientata al profitto di chi la promuove, non sia in contrasto con l’interesse generale; 

 6) che evidenzi che il sistema bancario esercita una grande influenza sull’economia, della quale gestisce i flussi finanziari, ed agisce sulle dinamiche della società, per gli effetti occupazionali e di reddito che esso esercita;  

 7) che riattivi i circuiti finanziari, ed il sistema bancario in particolare, nello svolgimento del ruolo di intermediazione tra chi dispone di risorse monetarie e chi ne abbisogna per l’investimento in attività di produzione e servizio;

 8) che nell’attività finanziaria scongiuri l’applicazione indiscriminata ed acritica delle formule di suddivisione e distribuzione del rischio come metodo per annullarlo; 

 9) che rafforzi e faccia adeguatamente applicare i compiti degli organismi di vigilanza dell’attività finanziaria, laddove sono apparsi carenti;

 10) che chiarisca che la “distruzione creatrice” di prodotti e processi, di schumpeteriana memoria, deve imporre interventi a sostegno dell’innovazione, anziché a sola salvaguardia dell’esistente;

 11) che precisi che la globalizzazione non va intesa come una maggior internazionalizzazione delle attività di produzione e di scambio, bensì come “ uno straordinario intensificarsi delle possibili relazioni, non soltanto finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far si che ciò che avviene in un’area si ripercuota in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell’economia e della società non sono in grado di valutare correntemente, anche per la simultaneità tra l’azione ed il cambiamento che produce”(1);

 12) che chiarisca che la dipendenza di ciascuno dagli altrui comportamenti comporta una responsabilità che suggerisce l’adozione di regole globali da fissare nella multilateralità;

 13) che comprenda che, nell’assenza di istituzioni internazionali con la competenza e l’autorevolezza necessarie per individuare ed applicare nuove regole, occorrerà indire innovative occasioni di confronto multilaterale, a partire dai previsti summit straordinari europei ed in vista del prossimo G8, onde dotare della necessaria competenza ed autorevolezza le istituzioni di “Bretton Wood”, da ripensare, od altre di nuova istituzione;

 14) che individui nei maggiori protagonisti della globalizzazione, che sono le grandi multinazionali, i principali destinatari delle nuove regole, onde influenzarne l’operato, anche con incentivazioni intelligenti nell’ambito fiscale e nelle concessioni per l’utilizzo delle risorse, a fronte di virtuosi comportamenti;

 15) che affermi il principio che l’attenzione dell’attività d’impresa all’ambiente sociale, culturale e naturale in cui essa opera è in grado di apportare valore all’impresa stessa. 

 Ciascuno di questi punti meriterebbe di essere compiutamente esplicitato, ma per non travalicare lo spazio disponibile mi limito ad aggiungere alcune brevi considerazioni sul punto 13) riguardante Bretton Wood e le istituzioni che ha originato, in epoca ormai lontana nel tempo e nelle situazioni che le hanno promosse. Istituzioni che, anche a prescindere dall’attuale crisi, andrebbero ripensate e radicalmente modificate per adeguarle alle nuove esigenze scaturite dalla globalizzazione. Peraltro, queste istituzioni hanno spesso disatteso la funzione di sostegno dei Paesi che si trovavano in particolari situazioni economiche e sociali in numerose aree del mondo. E quando sono intervenute hanno spesso mostrato di essere vittima di una esaltata concezione deterministica delle leggi dell’economia, che ha prodotto più danni che vantaggi ai Paesi interessati dal loro intervento, soprattutto in Africa, come mostra il caso dell’Uganda. In Russia, nella fase più difficile della riforma dell’economia, l’intervento di  queste istituzioni ha imposto, come da copione, improbabili obiettivi di politica economica e di bilancio, del tutto disattenti alla situazione di disagio sociale e impossibili da rispettare per l’assenza dei più elementari presupposti, e di conseguenza non ha alleviato le condizioni di disagio delle popolazioni ed ha soltanto favorito la corruzione ai più alti livelli.

Sulla base di simili precedenti appare del tutto impensabile che le istituzioni internazionali esistenti abbiano le attribuzioni e la capacità idonee a svolgere l’azione necessaria per superare la crisi della finanza e dell’economia reale, attraverso interventi da individuare multi lateralmente e da applicare globalmente. Non rimane che il ricorso alla nuova “Bretton Wood”, suggerita da La Rouche sin da tempi non sospetti, cui sono apparsi a lungo sordi tutti i principali attori delle politiche economiche e delle geopolitiche delle nazioni maggiormente sviluppate e che solo oggi incontra ampia eco nei più illuminati economisti e politici. Sembra quindi possibile un’era nuova, di diffusa concertazione tra i Paesi, per realizzare l’indispensabile cambiamento e rimuovere tutto ciò che non serve ad una efficace azione internazionale. Dobbiamo solo augurarci che una simile evoluzione avvenga su di un doppio binario. Un primo che pragmaticamente operi in tempo utile per contribuire all’auspicato superamento dell’attuale crisi,  attraverso la fissazione di regole che impediscano derive protezionistiche, discriminazioni nella competitività concorrenziale sui mercati, eccessivo accrescimento del debito globale che graverà soprattutto sulle future generazioni e chiarezza di rendicontazione delle istituzioni bancarie e finanziarie che agevoli il ritorno ad un clima di reciproca fiducia, come premessa per la ripresa dell’interbancario e degli altri circuiti finanziari. Un secondo binario che porti all’istituzione di strutture internazionali che siano in grado di individuare, adottare e far rispettare regole utili ad un corretto sviluppo dell’economia globalizzata, che mitighi gli scompensi tra le diverse aree e ponga particolare attenzione all’aspetto dei flussi finanziari, evitando per tutto quanto possibile il verificarsi di situazioni come quelle dei mercati asiatici negli anni ’90 od attualmente in atto nel mondo intero

Riguardo all’aspetto della “Corporate Social Responsibility” (Responsabilità sociale d’impresa), cui si collega il punto 15), mi è caro qui ricordare che già negli anni ’60 ebbi a pubblicare una modalità di calcolo dei risultati non direttamente economici dell’attività d’impresa, partendo dal presupposto che essa, pur dovendo curare l’aspetto economico e, quindi, mirare al profitto, non potesse più trascurare, ma dovesse tenere esplicitamente presenti una serie di istanze interne ed esterne all’impresa, connesse a valori morali, etici, sociali, culturali ed ambientali(2).

E ciò non come mera affermazione di principio, bensì concretamente, ponendo a lato della normale contabilità in moneta di conto, una modalità di calcolo della realizzazione degli altri obiettivi, da me definiti come “non direttamente economici”, ma in grado di influenzare le possibilità di vita e di successo dell’impresa. Non fosse altro che per il fatto che l’assieme delle istanze considerate definisce  l’ ambiente in cui l’azienda opera e l’attenzione ad esse influenza i rapporti tra l’azienda ed i suoi “stakeholders”, dai lavoratori, ai clienti, ai fornitori, alle istituzioni locali, allo stesso azionariato.

Dopo una prima esperienza con Giordano dell’Amore alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde – Cariplo, all’epoca la prima al mondo se si esclude quella statale in Russia, edalcune esperienze tentate con Leonid Abalkin, Direttore dell’Istituto di Economia dell’Accademia delle Scienze e Vice Premier nel periodo gorbaciovano, poi interrotte con l’avvento di Eltsin, meno incline a coniugare l’economia col sociale, dobbiamo arrivare ai giorni nostri per la presentazione da parte di una grande impresa italiana, nell’occasione del centenario dalla sua fondazione, dei risultati dell’applicazione di questa modalità, chiamata “Metodo della scomposizione dei parametri”, consultabile anche in rete. Si tratta di cosa decisamente diversa dai codici etici e dai bilanci sociali, che costituiscono delle sia pur apprezzabili operazioni di maquillage orientate al marketing, e dagli stessi “standard” di valutazione della CSR.

Per concludere, vorrei delineare alcuni aspetti riguardanti l’Italia, partendo proprio dal sistema bancario, che, anche per la sua scarsa internazionalizzazione sembra meno compromesso dalla presenza di titoli tossici. Questo fatto è positivo. Ma anche in Italia si verifica scarsità di fiducia all’interno del sistema e ciò penalizza i movimenti interbancari e suscita una certa tendenza al rientro degli affidamenti, soprattutto nell’ambito delle maggiori banche, spesso orientate più al processo/prodotto che non al cliente. Un simile comportamento è in grado di esercitare gravi effetti sull’economia del Paese, perché in Italia scarseggiano gli istituti di credito speciale e le banche di credito ordinario tradizionalmente finanziano le imprese anche per l’investimento in immobilizzazioni tecniche, anziché limitarsi al normale credito di liquidità. Nel caso di imprevisto rientro dei finanziamenti  le imprese entrano in crisi, spesso irreversibili, e ciò influisce gravemente sull’economia del Paese. Va altresì considerato che l’economia italiana è particolarmente aperta ed il rallentamento dei mercati esteri di sbocco penalizza fortemente l’attività delle imprese ed annulla anche l’ipotetico vantaggio dell’accennata minor esposizione alle perdite sui titoli tossici. Infine, occorre considerare gli scarsi margini di intervento anti crisi che residuano nel nostro bilancio, anche per la particolare gravosità del debito pubblico, il terzo al mondo, che neutralizza pure il vantaggio dello scarso indebitamento del sistema delle famiglie, rispetto alle situazioni che sono riconoscibili all’estero, ed in particolare nell’area anglosassone.

Tornando agli aspetti di un ripensamento dell’economia e della finanza nella dottrina e nella prassi, mi viene spontaneo richiamare la globalità cui essi debbono ispirarsi, propria delle analisi di Pitirim Sorokin, affinché si rifugga da considerazioni ed interventi soltanto parziali e come tali destinati a lasciare irrisolti i nodi gordiani che attanagliano, con l’economia, l’intera umanità. E’ auspicabile che, in una visione d’assieme, si voglia individuare un percorso che superi la dicotomia tra l’essere ed il poter essere di cui soffre l’ economia e la società tutta.

Come L’Angelus novus, di Klee, l’angelo della storia, uno slancio innovatore deve quindi librarci al di sopra delle macerie che vanno sempre più accumulandosi ai nostri piedi e, nel tentativo di porvi riparo, dobbiamo guardare con occhi nuovi le vicende e le strutture del passato, per valutarne responsabilità e valori e, con opportune regole, avviarci ad un nuovo rinascimento che non sia soltanto economico e contemperi gli obiettivi dell’economia con gli altri valori dell’uomo e del suo ambiente sociale, culturale e naturale.

 (1) Definizione presentata dallo scrivente negli anni 1999 e 2000 in relazioni a Mosca, Città del Vaticano, Milano, Giacarta.

(2) Giancarlo Pallavicini, “Strutture integrate nel sistema distributivo italiano”, Giuffré Editore, Milano, 1968, pagg.VIII – 351, Prefazione e da pag . 53 ; Treccani, “Enciclopedia Biografica Universale”, Roma, 2007, Vol.14. Per i successivi sviluppi: “Return of Pitirim Sorokin”, S.A.Kravchenko – N.E.Pokrovsky, Mosca, 2001, da pag.194 e relazioni in nota (1).

 

 

 

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