IKF - INTERNATIONAL KONDRATIEV FOUNDATION

 The International N. D. Kondratiev Foundation is an economic research organization founded in 1992 at an international conference devoted to the centenary of the birth of Nikolai Kondratiev.

The foundation is accredited by the Department of Social Sciences, Russian Academy of Sciences. The founding (and now honorary) president was Leonid Abalkin, with A.A.Nikonov, Yu.V.Yakovets, G.Pallavicini (Italy), and Yakob van Dein (Netherlands) as vice-presidents.

The foundation has three basic activities:
1. Carrying out international conferences, symposia, Kondratieff readings;
2. Coordinating interdisciplinary research performed on the orders of the state organizations and according to the plans of the foundation itself
3. Conducting jointly with the Russian Academy of Sciences international competitions for the N.D. Kondratieff gold, silver, and bronze medals for contributions to the development of the social sciences, and the commemorative N.D. Kondratieff medal for young scientists.

 Kondratiev medals:

In 1993 the foundation and the Russian Academy of Sciences established gold, silver, and bronze medals in honour of Kondratiev. These are awarded every three years after a competition. Three are awarded to local and three to foreign scientists for their contribution to the development of social sciences.

Medal winners

1995: S.Y. Glazyev and Wilhelm Krelle (Germany) - gold medal; A.I. Subetto and C. Marchetti (Italy) - silver medal; V.K. Faltsman and I.M. Abramov (Belarus) - bronze medals.

1998: V. Yakovets, G.Pallavicini (Italy) , and Michael Ellman (The Netherlands) - gold medal; V. Gusarov, and P. Malyaska (Finland) - silver medal; T.G. Semenkova, A.V. Semenkov, and A.E. Kulinkovich (Ukraine) - Bronze medal.

2001: I.V. Bestuzhev-Lada and I. Lukin (Ukraine) - gold medal; V.T. Ryazanov - silver medal; N.A. Makasheva, W. Barnett (UK), and W. Samuels (USA) - bronze medals.
2004: A.G. Granberg, B.N. Kuzyk and I. Wallerstein (USA) - gold medal; P.A. Minakir and Tessaleno Devezas (Portugal) - silver medal; L.V. Leskov, and D.K. Chistilin (Ukraine) - Bronze medal.
2007: Ruslan Grinberg, A.J. Rubinstein, and Shuchen Liu (China) - gold medal; V.I. Kushlin, Christopher Freeman (England), and Paul JJ Welfens (Germany) - silver medal; V.D. Andrianov, V. Klin - bronze medals.

                     

  International N. D. Kondratiev Foundation - I.K.F.       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5.a Conferenza Internazionale Kondratiev - San Pietroburgo

   

 

LA TEORIZZAZIONE DEI CICLI LUNGHI DELL'ECONOMIA: INFORMATICA E COMUNICAZIONE

 

 

Leggi tutto in Cultura: Accademia Studi Mediterranei - Agrigento

 

GIANCARLO PALLAVICINI Economista - Faculty Member - Accademico RANS  

“Una verifica dell’economia e della finanza come dottrina e come prassi”

Conferenza Fondazione N.D. Kondratieff -

XXVII Lettura “NUOVA POLITICA ECONOMICA PER LA RUSSIA E IL MONDO” 

Accademia delle Scienze, Mosca, 29/30 Ottobre 2019


Essere o poter essere : una dicotomia di vaga assonanza shakespeariana nella quale finisce con l’imbattersi l’economista quando voglia affrontare le tematiche della società contemporanea.
In tale dicotomia, l’
essere delinea la situazione che di fatto è andata sviluppandosi nell’economia degli ultimi decenni, mentre il poter essere prefigura un percorso virtuoso dell’economia, che avrebbe potuto addurre a situazioni più attente all’umanità ed al suo ambiente culturale e naturale.
Nell’
essere , la globalizzazione ha agito come catalizzatore dei processi dell’economia in generale e della finanza in particolare esaltandone gli effetti, secondo opportunità spesso suggerite dall’egoismo individuale, insufficientemente mediato culturalmente e privo dei necessari indirizzi verso l’interesse generale. L’economia, nella ricerca di una sua identità come scienza, ha smarrito la dimensione relazionale con le altre discipline riguardanti l’uomo ed il suo ambiente ed ha esaltato il solo profitto in una tensione al breve, che ha persino eroso i fondamenti di una corretta attenzione al medio e lungo termine e la necessaria considerazione dell’interesse generale.In simile esaltato svolgersi delle vicende economiche, tutto sembrava ruotare attorno ad un nuovo Molok, che scandiva i ritmi di un consumismo senza ragione in un’espansione sconsiderata del debito pubblico e privato.
Oggi il debito complessivo assomma a oltre 10 volte il PIL di tutti i Paesi del mondo e cinque sesti dell’umanità vive in aree di sottosviluppo o soffre la fame, mentre sacche di povertà vanno estendendosi anche nelle aree economicamente progredite.
Un debito che, se non sterilizzato in misura adeguata, rischia di rendere vani i pur costosi interventi a sostegno dell’economia, che tendono a curare i sintomi ed a lasciare immutata, se non addirittura ad aggravare , la malattia. Infatti, il trasferimento del debito privato al debito pubblico, che talvolta appare indispensabile, non diminuisce il debito complessivo, ma lo carica di conseguenze in danno delle attuali e future generazioni, senza incidere sull’aspetto endemico della gravosità del debito e senza prefigurare quei cambiamenti che si impongono per rimuovere le cause della crisi intervenuta e ripristinare l’indispensabile fiducia nell’ambito dei circuiti finanziari e, soprattutto, del sistema bancario.
Interventi pubblici di salvataggio appaiono certamente indispensabili per contenere la crisi in atto, ma essi, pur intervenendo con immediatezza, debbono ispirarsi anche ad un superamento delle condizioni che hanno reso possibile il deterioramento dell’economia mondiale.Ciò postula che ci si orienti verso il
“poter essere”, attraverso  un cambiamento culturale, che nell’immediato:
- parta dal presupposto che, per effetto della crisi USA del 2007, solo in parte superata, tutto non potrà tornare come prima;  inoltre, consideri che è in  arrivo una nuova crisi, come dimostra anche l’inversione dei tassi di interesse, che nel breve sono più onerosi di quelli a 10 anni, come è  avvenuto circa un anno prima delle ultime sei crisi statunitensi;
- l’azione di contrasto alla crisi, consenta alla politica economica di riaffermare il proprio ruolo nel perseguimento dei suoi fondamentali obiettivi, senza eccessivi squilibri che alla lunga compromettano lo stesso perseguimento degli obiettivi prescelti;
- individui ed adotti regole in grado di assicurare che l’attività economica, pur essendo orientata al profitto di chi la promuove, non sia in contrasto con l’interesse generale;

- riconosca che il consumo pubblico e privato, non adeguatamente rapportato a ciò di cui si dispone ed estraneo alla responsabilità verso gli altri, assolve male il ruolo individuato nelle teorie keynesiane e diviene causa di un’eccessiva espansione del debito e di gravi sperequazioni nello sviluppo dell’economia mondiale; 

- scongiuri l’applicazione acritica delle errate formule di suddivisione e distribuzione del rischio finanziario come metodo per annullarlo, come è avvenuto con l’ultima crisi USA, poi estesa nel Mondo;
- riattivi i circuiti finanziari, ed il sistema bancario in particolare, nello svolgimento del ruolo di intermediazione tra chi dispone di risorse monetarie e chi ne abbisogna per l’investimento in attività di produzione e servizio; 

- evidenzi che il sistema bancario esercita una grande influenza sull’economia, della quale gestisce i flussi finanziari, ed agisce sulle dinamiche della società, per gli effetti occupazionale e di reddito che esso esercita;
- chiarisca che la “distruzione creatrice” di prodotti e processi , di schumpeteriana memoria, deve imporre interventi a sostegno dell’innovazione anziché a sola salvaguardia dell’esistente, altrimenti diventa “creazione distruttiva”;
- precisi che la globalizzazione, ora in fase di rallentamento, non va intesa solo come una maggior internazionalizzazione delle attività di produzione e di scambio, bensì come 

“ uno straordinario intensificarsi delle possibili relazioni, non soltanto finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far si che ciò che avviene in un’area si ripercuota in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell’economia e della società non sono in grado di valutare correntemente, anche per la simultaneità tra l’azione ed il cambiamento che produce”, come da me definito all’inizio del nuovo millennio (1);
- chiarisca che la dipendenza di ciascuno dagli altrui comportamenti comporta una responsabilità che suggerisce l’adozione di regole globali da fissare con modalità multilaterali;
- comprenda che, nell’assenza di istituzioni internazionali con la competenza e l’autorevolezza necessarie per individuare ed applicare nuove regole, occorrerà indire innovative occasioni di confronto multilaterale, onde attenuare i nefasti effetti del “nazionalismo economico”, e dotare della necessaria competenza ed autorevolezza le istituzioni di “Breton Wood”, da ripensare profondamente, od altre di nuova istituzione;
- individui nei maggiori protagonisti della globalizzazione, che sono le grandi multinazionali, i principali destinatari delle nuove regole, onde influenzarne l’operato, a fronte di virtuosi comportamenti, anche con intelligenti concessioni per la valorizzazione delle risorse, a vantaggio di tutti;
- affermi il principio che l’attenzione dell’attività d’impresa all’ambiente sociale, culturale e naturale in cui essa opera è in grado di apportare valore all’impresa stessa;
Riguardo a quest’ultimo aspetto mi è caro ricordare che già negli anni 1960 ebbi a pubblicare una modalità di calcolo dei risultati non direttamente economici dell’attività d’impresa, partendo dal presupposto che essa, pur dovendo curare l’aspetto economico e, quindi, mirare al profitto, non potesse più trascurare, ma dovesse tenere esplicitamente presenti una serie di istanze interne ed esterne all’impresa, connesse a valori morali, etici, sociali, culturali ed ambientali.
E ciò non come mera affermazione di principio, bensì concretamente, ponendo a lato della normale contabilità in moneta di conto, una modalità di calcolo della misura con la quale l’attività d’impresa realizzava gli altri obiettivi, da me definiti come “non direttamente economici”, ma in grado di influenzare le possibilità di vita e di successo dell’impresa. Non fosse altro che per il fatto che l’assieme delle istanze considerate definisce l’ ambiente in cui l’azienda opera e l’attenzione ad esse influenza i rapporti tra l’azienda ed i suoi stakeholders,dai lavoratori, ai clienti, ai fornitori, alle istituzioni locali, allo stesso azionariato diffuso (2).Di tale modalità di calcolo si sono avute esperienze in Italia con Giordano dell’Amore alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde – Cariplo, all’epoca la prima al mondo dopo quella statale nell’Unione Sovietica. Proprio in Russia questo “Metodo” è stato studiato per iniziativa dell’amico Accademico Leonid Abalkin, già Direttore dell’Istituto di Economia dell’Accademia delle Scienze e Vice Premier del Governo Sovietico nel periodo gorbaciovano, del quale, negli anni 1980, io sono stato il primo consulente occidentale per la riforma dell’economia (3). Questi approfondimenti sono stati poi interrotti con l’avvento di Eltsin e dobbiamo arrivare ai giorni nostri  per riprendere l’applicazione di questa modalità, chiamata
“Metodo della scomposizione dei parametri”, consultabile anche in rete. 

( http://www.giancarlopallavicini.it/economia/metodo-della-scomposizione-dei-parametri ).  

Si tratta di cosa decisamente diversa dai codici etici e dai bilanci sociali, che costituiscono soltanto apprezzabili operazioni di maquillage orientate al marketing.
Tornando agli aspetti complessivi dell’esigenza di un ripensamento dell’economia e della finanza nella dottrina e nella prassi, mi viene spontaneo richiamare la globalità degli aspetti che la riguardano, propria delle analisi di Pitirin Sorokin, affinché si rifugga da considerazioni ed interventi soltanto parziali e come tali inidonei a comprendere i complessi insiemi dell’economia e destinati a lasciare irrisolti i nodi gordiani che attanagliano, con l’economia, l’intera umanità. In una visione d’assieme è  necessario individuare un percorso che superi la dicotomia tra l’
essere ed il poter essere di cui soffre l’ economia e la società tutta. 

Viene spontaneo chiedersi se stiamo assistendo ad uno scadimento più generale e diffuso di importanti valori,soprattutto laddove si hanno redditi tanto elevati da promuovere atteggiamenti marcatamente consumistici. 

Se l’intera popolazione del globo consumasse secondo la media europea, peraltro inferiore 

a quella degli USA, occorrerebbero le risorse di due mondi e mezzo, mentre se consumassimo tutti 

come un etiope, basterebbe mezzo pianeta per sopravvivere.  Nel suo assieme il problema della 

fame è quindi un problema più politico che tecnico.  

Ciò richiama il diritto all’alimentazione, che solo 35  Paesi hanno inserito nella propria Costituzione. 

Il cibo denota più di ogni altro indicatore il livello di sviluppo di un’area, sia per gli aspetti economici, 

sia per quelli della virtuosità dei consumi e della qualità della vita. 

Tutto ciò  porta a riflettere sul rapporto tra sviluppo economico e civiltà, intesa come riconoscimento 

e rispetto di comuni valori; sul rapporto tra progresso e decadenza.

Per metafora, sembra di essere davanti ad un palazzo luminoso ed imponente, affacciato 

ad una grande piazza,  ma svoltato l’angolo vediamo l’apertura delle grandi finestre come orbite 

vuote, sprangate da assi di legno.

Viene qui in questione la neuroeconomia, cioè quel ramo dell’economia che va delineandosi con contorni sempre più precisi, la quale pone in relazione l’uomo e la gratificazione dei suoi comportamenti nell’utilizzo dei beni di cui dispone nella cosiddetta “società fluida” dai mille paradossi. Ne risultano constatazioni come 

quella della ricchezza senza felicità, per la quale, oltre ad un certo livello, la maggior disponibilità di beni non accresce la gratificazione. A quel punto ci troveremmo come su di un “tapi rulant”: si può accelerare finché si vuole il ritmo, ma restiamo sempre fermi. 

Infatti, da studi del concetto di felicità e  delle sue relazioni con lo sviluppo economico risulterebbe che il livello medio della felicità non è strettamente rapportabile a quello del reddito medio pro-capite, salvo laddove vi sia difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni primari. Stante questa incongruenza è il caso di porre in discussione anche le valutazioni del benessere di un Paese, attraverso il solo Pil, che è idoneo a svolgere soltanto una funzione  strumentale per altre finalità (4). 

Dobbiamo fondere in un unico virtuoso orientamento la “decrescita felice” con la“crescita virtuosa”, assegnando ad ogni insieme dell’economia una o l’altra delle vie possibili, in un armonico comporsi del tutto.

Altrimenti, benché non mi si addica il ruolo di Cassandra, lo scenario del futuro presenta luci ed ombre che legittimano il dubbio che possa ripetersi la biblica vicenda della Torre di Babele. Infatti, le vicende del recente passato e le prospettive del futuro appaiono bisognose di un nuovo e più virtuoso modo di intendere e vivere l’economia.

Ed anziché unirsi per valutarle ed affrontarle, va affermandosi  la tendenza a rinchiudersi nel proprio “particulare”, di guicciardiniana memoria, con ciò  sottraendosi alla comune ricerca di un mondo migliore. Valgano gli esempi della Brexit e delle chiusure di Trump, che sminuiscono il paradigma della globalizzazione, già richiamata, con gravi ripercussioni sul commercio mondiale e sullo sviluppo dell’economia.

Non vi è chi non veda come tutto sembri orientarsi verso un interesse individuale o di gruppo e di nazione, che prescinde dagli altri. In un mondo che vive già gravi sperequazioni nella ripartizione della ricchezza e nell’utilizzo delle risorse, soprattutto di quelle alimentari, con diffusa presenza di poveri e di affamati. 

E’ noto che l’1% della popolazione, che si è pure avvantaggiato della crisi USA avviata nel 2007, 

possiede più ricchezze del restante 99%  dell’umanità. 

Riguardo al futuro, ci troviamo sulla soglia di un veloce cambiamento indotto dall’ utilizzo delle tecnologie innovative, dai robot all’intelligenza artificiale, che costituisce un’opportunità solo se è ben gestito. Purtroppo rischia di essere sospinto soltanto dalla ricerca del massimo profitto ed estraneo ad ogni aspetto riguardante l’uomo e il suo ambiente sociale, culturale e naturale. 

Quindi una corsa all’innovazione non gestita e neppure mediata culturalmente, nel rispetto dei valori dell’umanità. 

Recenti studi riguardanti gli Stati Uniti prevedono che nel volgere di 25 anni il 47% delle attuali attività lavorative verranno svolte dai robot e, secondo uno studio della Oxford University, sparirà la metà degli attuali posti lavoro. Una recente ricerca della  McKinsey, che considera i cicli lungi scoperti da Nicolaj Kondratiev, con particolare attenzione allo sviluppo tecnologico nel prossimo cinquantennio, anche come estrapolazione della periodo precedente, prevede che entro il 2066 vi saranno 1, 3 miliardi di posti di lavoro in meno.  Partendo dal concetto di “distruzione creatrice ”proposto dall’economista Joseph Schumpeter, nella prima metà del novecento, si rischia ora di passare alla “creazione distruttrice”, come dianzi detto.

Una prospettiva catastrofica, che produrrà in misura crescente i propri nefasti effetti già a partire dai prossimi anni, che induce a ricercare e attuare comportamenti atti a gestire questo cambiamento. 

Qualche proposta è già nell’aria, soprattutto ad iniziativa degli addetti ai lavori; ne è un esempio quanto avanzato da Bill Gate, sulla tassazione  dei robot per il posto che tolgono ai lavoratori. Anche la recente 

sottoscrizione del documento dei 181 rappresentanti delle grandi aziende USA, che riconosce che l’attività economica non può essere finalizzata soltanto al profitto, più che una conversione alla responsabilità sociale d’impresa, sembra manifestare la preoccupazione sulla futura possibilità di vendere i loro prodotti e servizi, a causa del ridursi delle capacità di spesa delle masse lavoratrici.

In ogni caso si tratta di iniziative parziali, che non sono in grado di interpretare e gestire gli effetti del processo innovativo. Infatti, può essere risolutiva solo una considerazione d’assieme dei fenomeni riguardanti l’economia, la società , l’ambiente,  che ponga al centro l’uomo, con i suoi valori. 

Non voglio fare l’indovino. Ma tenendo conto del cambiamento che il mio vissuto ha registrato, risulta una dinamica accelerata, per interpretare la quale non basta guardare al passato ed al presente per immaginare il futuro, ma occorre prevederlo andando oltre la razionalità tradizionale, per attingere all’intuizione.

Questo richiama facoltà che vanno oltre, che un tempo erano e ancora oggi sono relegate concettualmente al magico, mentre sono destinate ad assurgere a un ruolo che coinvolge, con la ragione, anche altre capacità dell’uomo singolo e collettivo.

Uno sviluppo che l’umanità sembra voler traslare sulle applicazioni tecnologiche, anziché farlo proprio, per le opportunità di profitto offerte a chi promuove tale sviluppo.

Ma l’umanità già oggi è più sapiente e avanzata di quanto mostrano le applicazioni tecnologiche. 

Lo dimostra il limite del 5% nel quale è oggi relegata l’applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche già realizzate dall’umanità nei massimi sistemi, come nell’infinitesimale.

Occorre una visione nuova dell’umanità, che la distingua più nettamente dalle imitazioni della sua intelligenza e dalle connesse capacità di comunicare e trasferire nello spazio e nel tempo. Soprattutto, che ricuperi, ove occorra, e promuova la centralità dell’uomo, che deve informare gli indirizzi futuri. 

Un’istanza che è soprattutto culturale, in grado di sostenere quei fermenti e stimoli che possono addurre ad un’illuminata intuizione dei percorsi utili all’umanità, alimentati da una crescente e più avveduta innovazione in favore suo e del ruolo che la Creazione le ha assegnato.

Siamo già troppo condizionati dagli algoritmi che scelgono quello che ci appare sul computer, disposto per noi sulla base di quello che abbiamo cliccato in precedenza. Ma in tal modo ci si attarda sugli interessi del passato, secondo come l’algoritmo li interpreta, e ostacola o addirittura annulla la nostra proiezione, individuale e collettiva, verso altri interessi che vanno al di la del contingente. 

Rischiamo di finire tutti al servizio dell’attuale tecnologia informatica interattiva e chissà di cos’altro nel futuro. La macchina è stata creata per servire l’uomo, ma l’uomo rischia di diventare un servitore della macchina, come passivo utilizzatore di prodotti e servizi.

Come l’Angelus Novus, di Paul Klee, l’Angelo della storia, così definito dal filosofo Walter Benjamin in anni lontani, che si libra al di sopra delle macerie che vanno accumulandosi ai suoi piedi , che lui vorrebbe arrestare, ma non può perché il vento gonfia le sue ali e lo spinge lontano. Come l'Angelo, anche noi in uno slancio innovatore dobbiamo guardare con occhi nuovi le vicende e le strutture del passato, per valutarne responsabilità e valori da trasferire nel futuro che avanza veloce, mentre il presente sfugge e il passato si fa subito remoto. Con opportune intuizioni dobbiamo avviarci ad un nuovo rinascimento che non sia soltanto economico e contemperi gli obiettivi dell’economia con gli altri valori dell’uomo e del suo ambiente sociale, culturale e naturale, con ciò superando l'accentata dicotomia tra l'"essere" ed il "poter essere".

Sempre con ottimismo e senza rimpianti, come suggerisce il vecchio detto cinese “Quando tramonta il sole non piangere, perché le lacrime ti impediranno di vedere le stelle”.

  1.    
  2.   Note
  3.     1.presentata nell’anno 2000 in relazioni a Mosca, Città del Vaticano, Milano, 
  4.             La Havana 
  5.     2.    http://www.treccani.it/enciclopedia/metodo-della-scomposizione-dei-
  6.            parametri_%28altro%29/
  7.            Giancarlo Pallavicini, “Strutture integrate nel sistema distributivo italiano”, 
  8.            Giuffré Editore, Milano, 1968, pagg.VIII – 351, Prefazione e da pag . 53 
  9.     3.    Treccani, “Enciclopedia Biografica Universale”, 2007, Vol.14, pag. 617;  
  10.             Treccani on line,   http://www.treccani.it/enciclopedia/giancarlo-pallavicini/
  11.     4.      Basti considerare che un aumento del PIL, ove fosse realizzato con danno 
  12. ambientale, inciderebbe   negativamente sul livello di felicità. Inoltre il Pil non può misurare 
  13. una serie di condizioni capaci di incidere sulla felicità, come il grado di libertà delle scelte o 
  14. l’esercizio di altri diritti, la qualità delle relazioni col prossimo, che in molte situazioni, 
  15. familiari o di amicizia, ma non solo, offrono gratificazioni legate al “dare”, anziché all’ 
  16. “avere”,  ed in genere la premiante realizzazione di comportamenti configurabili come 
  17. “altruismo razionale” 

 

 

 

 

GIANCARLO PALLAVICINI Economist - Faculty Member - RANS Academician

A verification of economics and finance as a doctrine and as a practice"

N.D. Foundation Conference Kondratieff -

XXVII Reading "NEW ECONOMIC POLICY FOR RUSSIA AND THE WORLD"

Academy of Sciences, Moscow, 29/30 October 2019

 

Being or being able to be: a dichotomy of vague Shakespearean assonance in which it ends up coming across the economist when he wants to deal with the issues of contemporary society. In this dichotomy, being outlines the situation that has actually developed in the economy of recent decades, while being able to be to prefigure a virtuous path of the economy, which could have led to situations more attentive to humanity and its environment cultural and natural. 

In being, globalization has acted as a catalyst for the processes of the economy in general and finance in particular, exalting its effects, according to opportunities often suggested by individual egoism, insufficiently culturally mediated and devoid of the necessary guidelines for the general interest. The economy, in the search for its identity as a science, has lost the relational dimension with the other disciplines concerning man and his environment and has exalted the profit alone in a short-term tension, which has even eroded the foundations of a correct attention to the medium and long term and the necessary consideration of the general interest. In similar exalted economic events, everything seemed to revolve around a new Molok, which marked the rhythms of a consumerism without reason in an ill-considered expansion of public debt and private. 

Today the total debt amounts to over 10 times the GDP of all the countries of the world and five sixths of humanity lives in areas of underdevelopment or suffers from hunger, while pockets of poverty are spreading even in the economically advanced areas. 

A debt that, if not adequately sterilized, risks making vain interventions in support of the economy, which tend to cure the symptoms and leave the disease unchanged, if not actually aggravating, vain. In fact, the transfer of private debt to public debt, which at times appears to be indispensable, does not diminish the overall debt, but loads it with consequences to the detriment of current and future generations, without affecting the endemic aspect of the burden of debt and without prefiguring those changes which are required to remove the causes of the crisis and restore the indispensable trust in the financial circuits and, above all, the banking system. 

Public rescue operations certainly seem indispensable to contain the current crisis, but they, while intervening with immediacy, must also be inspired by overcoming the conditions that made the deterioration of the world economy possible. This requires that we orient ourselves towards the being able to be , through a cultural change, which immediately: 

- starts from the assumption that, due to the 2007 US crisis, only partially overcome, everything will not be able to return as before; moreover, consider that a new crisis is on the way, as demonstrated by the reversal of interest rates, which in the short term are more expensive than those at 10 years, as happened about a year before the last six US crises; 

- action to combat the crisis, allows economic policy to reaffirm its role in pursuing its fundamental objectives, without excessive imbalances that in the long run compromise the very pursuit of the chosen objectives; - individuals and adopt rules able to ensure that the economic activity, even if oriented to the profit of the promoter, is not in contrast with the general interest;

- recognizes that public and private consumption, not adequately related to what is available to and unrelated to others, badly performs the role identified in Keynesian theories and becomes the cause of an excessive expansion of debt and serious inequalities in development world economy;

- you avoid the uncritical application of the incorrect formulas of subdivision and distribution of financial risk as a method to cancel it, as happened with the last US crisis, then extended in the world; 

- reactivate the financial circuits, and the banking system in particular, in performing the role of intermediation between those who have monetary resources and those who need them for investment in production and service activities;

- points out that the banking system has a great influence on the economy, of which it manages the financial flows, and acts on the dynamics of society, due to the employment and income effects that it exercises; 

- clarifies that the "creative destruction" of products and processes, of Schumpeterian memory, must impose interventions in support of innovation instead of just safeguarding the existing, otherwise it becomes "destructive creation"; 

- specifies that globalization, now slowing down, should not be understood only as a greater internationalization of production and exchange activities, but rather as

“An extraordinary intensification of possible relationships, not only financial, even if pre-eminent, between the different areas of the globe, with methods and times such as to ensure that what happens in an area has real-time repercussions on the other areas, even the most far away, with results that the traditional interpretative models of the economy and of society are not able to evaluate correctly, also for the simultaneity between the action and the change that it produces ”, as I defined at the beginning of the new millennium (1 ); 

- clarifies that the dependence of each on the behavior of others entails a responsibility that suggests the adoption of global rules to be established with multilateral methods; 

- understand that, in the absence of international institutions with the necessary competence and authority to identify and apply new rules, it will be necessary to call for innovative opportunities for multilateral discussion, in order to mitigate the harmful effects of "economic nationalism", and provide the necessary expertise and authoritative the institutions of "Breton Wood", to rethink deeply, or others of new institution; - individuals in the major protagonists of globalization, who are the large multinationals, the main recipients of the new rules, in order to influence their work, in the face of virtuous behavior, even with intelligent concessions for the exploitation of resources, to the benefit of all; 

- affirms the principle that the attention of the business activity to the social, cultural and natural environment in which it operates is able to bring value to the enterprise itself.

With regard to this last aspect I would like to remind you that already in the 1960s I had to publish a method for calculating the results that were not directly economic for the business, starting from the assumption that, although it had to take care of the economic aspect and, therefore , aiming at profit, could no longer neglect, but had to explicitly keep in mind a series of internal and external requests to the company, connected to moral, ethical, social, cultural and environmental values. 

And this not as a mere affirmation of principle, but concretely, by placing alongside the normal accounting in account currency, a method of calculating the measure with which the business activity achieved the other objectives, defined by me as “not directly economic ", but able to influence the chances of life and success of the company. If only for the fact that the set of instances considered defines the environment in which the company operates and the attention to them influences the relationships between the company and its stakeholders, from workers, to customers, to suppliers , to local institutions, to the same widespread shareholding (2). 

From this method of calculation there were experiences in Italy with Giordano dell'Amore at the Savings Bank of the Provinces of Lombardy - Cariplo, at the time the first in the world after the state in the 'Soviet Union. Precisely in Russia this "Method" was studied on the initiative of the Academic friend Leonid Abalkin, former Director of the Institute of Economics of the Academy of Sciences and Vice Premier of the Soviet Government in the Gorbachev period, of which, in the 1980s, I am was the first Western consultant for economic reform (3). 

These in-depth studies were then interrupted with the advent of Yeltsin and we must get to the present day to resume the application of this mode, called the "Parameter breakdown method", which can also be consulted online.

(http://www.giancarlopallavicini.it/economia/metodo-della-scomposizione-dei-parametri).

This is something quite different from the ethical codes and social budgets, which are only appreciable marketing-oriented make-up operations. 

Going back to the overall aspects of the need for a rethinking of economics and finance in doctrine and practice, it comes naturally to me to recall the totality of the aspects that concern it, typical of the analyzes of Pitirin Sorokin, so that it avoids only partial considerations and interventions and as such unsuitable for understanding the complex ensembles of the economy and destined to leave the Gordian knots that grip the entire humanity with the economy unresolved. In a vision of the whole it is necessary to identify a path that overcomes the dichotomy between being and being able to be  of which the economy and the whole society suffers.

It is natural to ask ourselves if we are witnessing a more general and widespread decline of important values, especially where there are incomes so high as to promote markedly consumerist attitudes.

If the entire population of the globe consumed according to the European average, however lower

to that of the USA, the resources of two and a half worlds would be needed, while if we consumed all

like an Ethiopian, half a planet would be enough to survive. 

In its entirety the problem of hunger is therefore a more political than a technical problem.

This recalls the right to food, which only 35 countries have included in their Constitution.

Food denotes more than any other indicator the level of development of an area, both for economic aspects, both for the virtuosity of consumption and the quality of life.

All this leads to reflect on the relationship between economic development and civilization, understood as recognition and respect for common values; on the relationship between progress and decay.

By metaphor, it seems to be in front of a luminous and imposing palace, facing to a large square, 

but once we reach the corner we see the opening of the large windows as orbits empty, bolted by wooden planks.

Here the neuroeconomics is in question, that is that branch of the economy that is delineating itself with ever more precise contours, which relates the man and the gratification of his behavior in the use of the assets he has in the so-called fluid society with a thousand paradoxes. The results are as follows that of wealth without happiness, for which, in addition to a certain level, the greater availability of goods does not increase gratification. At that point we would be like on a  rolling carpet, we can accelerate as long as we want the rhythm, but we always remain still.

Indeed, studies of the concept of happiness and its relations with economic development would show that the average level of happiness is not strictly related to that of the average per capita income, except where there is difficulty in satisfying primary needs. Given this inconsistency, it is also necessary to question the assessments of the well-being of a country, through GDP alone, which is suitable for performing only an instrumental function for other purposes (4).

We must merge in a single virtuous orientation the happy degrowth with the virtuous growth, assigning to each set of the economy one or the other of the possible ways, in a harmonic composition of the whole.

Otherwise, although the role of Cassandra does not suit me, the scenario of the future presents lights and shadows that legitimize the doubt that the biblical story of the Tower of Babel can repeat itself. In fact, the events of the recent past and the prospects of the future seem in need of a new and more virtuous way of understanding and living the economy.

And instead of coming together to evaluate them and face them, the tendency to withdraw into one's own "particular", of Guicciardiniana memory, is emerging, thereby avoiding the common search for a better world. The examples of Brexit and Trump's closures are worth mentioning, which diminish the paradigm of globalization, already mentioned, with serious repercussions on world trade and the development of the economy.

There is no one who does not see how everything seems to be oriented towards an individual or group and national interest, which is independent of the others. In a world that is already experiencing serious inequalities in the distribution of wealth and in the use of resources, especially food, with the widespread presence of the poor and the hungry.

It is known that 1% of the population, which has also benefited from the US crisis started in 2007,

possesses more riches than the remaining 99% of humanity.

Regarding the future, we are on the threshold of a rapid change induced by the use of innovative technologies, from robots to artificial intelligence, which constitutes an opportunity only if it is well managed. Unfortunately, it risks being driven only by the search for maximum profit and alien to every aspect concerning man and his social, cultural and natural environment.

So a race for innovation that is not managed or even culturally mediated, respecting the values ​​of humanity.

Recent studies regarding the United States predict that within 25 years 47% of current work activities will be carried out by robots and, according to a study by Oxford University, half of the current jobs will disappear. Recent research by McKinsey, which considers the long cycles discovered by Nicolaj Kondratiev, with particular attention to technological development over the next fifty years, also as an extrapolation of the previous period, predicts that by 2066 there will be 1, 3 billion fewer jobs . Starting from the concept of creative destruction proposed by the economist Joseph Schumpeter, in the first half of the twentieth century, there is now the risk of moving on to destructive creation, as mentioned above.

A catastrophic perspective, which will increasingly produce its nefarious effects starting from the next few years, which induces to search for and implement behaviors to manage this change.

Some proposals are already in the air, especially at the initiative of experts; an example of this is the one advanced by Bill Gate, on the taxation of robots for the place they take away from workers. Even the recent one subscription of the document of the 181 representatives of large US companies, which recognizes that economic activity cannot be aimed solely at profit, rather than a conversion to corporate social responsibility, seems to express concern about the future possibility of selling their products and services, due to the reduction of the spending capacities of the working masses.

In any case, these are partial initiatives, which are not able to interpret and manage the effects of the innovative process. In fact, only an overall consideration of the phenomena concerning the economy, society and the environment, which places man at the center, with his values, can be decisive.

I don't want to be a fortune teller. But taking into account the change that my experience has recorded, there is an accelerated dynamic, to interpret which it is not enough to look at the past and the present to imagine the future, but it is necessary to foresee it going beyond traditional rationality, to draw on intuition.

This recalls faculties that go beyond, that once were and still today are conceptually relegated to magic, while they are destined to rise to a role that involves, with reason, also other capacities of the single and collective man.

A development that humanity seems to want to shift to technological applications, rather than doing it, for the profit opportunities offered to those who promote this development.

But humanity is already more wise and advanced than technological applications show today.

This is demonstrated by the 5% limit in which the technological application of scientific discoveries already realized by humanity in the maximum systems, as in the infinitesimal, is today relegated.

We need a new vision of humanity, which distinguishes it more clearly from the imitations of its intelligence and from the related capacity to communicate and transfer in space and time. Above all, that it recovers, where necessary, and promotes the centrality of man, which must inform future directions.

An instance that is above all cultural, able to support those ferment and stimuli that can lead to an enlightened intuition of the paths useful to humanity, nourished by a growing and more wise innovation in its favor and of the role that the Creation has for it assigned.

We are already too conditioned by the algorithms that choose what appears on the computer, arranged for us based on what we have previously clicked on. But in this way we linger on the interests of the past, according to how the algorithm interprets them, and hinders or even cancels our individual and collective projection towards other interests that go beyond the quota.

We risk ending up all serving the current interactive computer technology and who knows of something else in the future. The machine was created to serve man, but man risks becoming a servant of the machine, as a passive user of products and services.

Like the Angelus Novus, by Paul Klee, the Angel of history, so defined by the philosopher Walter Benjamin in distant years, that hovers above the rubble that is accumulating at his feet, which he would like to arrest, but he cannot because the wind inflates its wings and pushes it away. Like the Angel, we too, in an innovating impulse, must look at the events and structures of the past with new eyes, to evaluate their responsibilities and values ​​to be transferred to the rapidly advancing future, while the present escapes and the past immediately becomes remote. With appropriate insights we must set out to a new renaissance that is not only economic and to balance the objectives of the economy with the other values ​​of man and his social, cultural and natural environment, thereby overcoming the accentuated dichotomy between "being " and "being able to be ".

Always with optimism and no regrets, as suggested by the old Chinese saying "When the sun goes down, don't cry, because tears will prevent you from seeing the stars".

 

     Note

    1.  presented in 2000 in relations in Moscow, Vatican City, Milan, Havana

    2. http://www.treccani.it/enciclopedia/metodo-della-scomposizione-dei-

        parametri_ 28altro% 29% /

        Giancarlo Pallavicini, "Structures integrated into the Italian distribution system",

        Giuffré Editore, Milan, 1968, pp. VIII - 351, Preface and from p. 53

    3. Treccani, "Universal Biographical Encyclopedia", 2007, Vol.14, pag. 617;

        Treccani on line, http://www.treccani.it/enciclopedia/giancarlo-pallavicini/

 

    4. Suffice it to consider that an increase in GDP, if it were realized with damage

environmental, would negatively affect the level of happiness. Furthermore, the GDP cannot measure

a series of conditions capable of affecting happiness, such as the degree of freedom of choice or

the exercise of other rights, the quality of relationships with others, than in many situations,

family members or friends, but not only, offer gratifications linked to "giving", instead of

"Have", and in general the rewarding realization of configurable behaviors such as

"Rational altruism"

 

 

I wrote a full day of expedited work and sent my report to the XXVII Reading "New Economic Policy for Russia and the World" to the N. Kondratieff International Foundation at the Academy of Sciences in Moscow. It titles "A verification of the economy and finance as a doctrine and as a practice". Aware of innovations in artificial intelligence, such as Industry 5.0, which will allow objects to talk to each other, supported by chips that contain a quantity of information that is impossible for the human mind, it seemed inevitable to go "beyond" normal rationality, perhaps like escape from a possible future condition of inferiority with respect to the machine and as a need to recover a feeling of centrality of the human category, to which I belong, also as a reflection of the divine spark assigned to it by the Creator.

In this topic I reproduce the last of the pages that make up the aforementioned report.

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I don't want to be a fortune teller. But taking into account the change that my experience has recorded, there is an accelerated dynamic, to interpret which it is not enough to look at the past and the present to imagine the future, but it is necessary to foresee it going beyond traditional rationality, to draw on intuition.

This recalls faculties that go beyond, that once were and still today are conceptually relegated to magic, while they are destined to rise to a role that involves, with reason, also other capacities of the single and collective man.

A development that humanity seems to want to shift to technological applications, rather than doing it, for the profit opportunities offered to those who promote this development.

But humanity is already more wise and advanced than technological applications show today.

This is demonstrated by the 5% limit in which the technological application of scientific discoveries already realized by humanity in the maximum systems, as in the infinitesimal, is today relegated.

We need a new vision of humanity, which distinguishes it more clearly from the imitations of its intelligence and from the related capacity to communicate and transfer in space and time. Above all, that it recovers, where necessary, and promotes the centrality of man, which must inform future directions.

An instance that is above all cultural, able to support those ferment and stimuli that can lead to an enlightened intuition of the paths useful to humanity, nourished by a growing and more wise innovation in its favor and of the role that the Creation has for it assigned.

We are already too conditioned by the algorithms that choose what appears on the computer, arranged for us based on what we have previously clicked on. But in this way we linger on the interests of the past, according to how the algorithm interprets them, and hinders or even cancels our individual and collective projection towards other interests that go beyond the quota.

We risk ending up all serving the current interactive computer technology and who knows of something else in the future. The machine was created to serve man, but man risks becoming a servant of the machine, as a passive user of products and services.

Like the Angelus Novus, by Paul Klee, the Angel of history, so defined by the philosopher Walter Benjamin in distant years, that hovers above the rubble that is accumulating at his feet, which he would like to arrest, but he cannot because the wind inflates its wings and pushes it away. Like the Angel, we too, in an innovating impulse, must look at the events and structures of the past with new eyes, to evaluate their responsibilities and values ​​to be transferred to the rapidly advancing future, while the present escapes and the past immediately becomes remote. With appropriate insights we must set out to a new renaissance that is not only economic and to balance the objectives of the economy with the other values ​​of man and his social, cultural and natural environment, thereby overcoming the accentuated dichotomy between "being "and" to be ".

 

Always with optimism and no regrets, as suggested by the old Chinese saying "When the sun goes down, don't cry, because tears will prevent you from seeing the stars".

 

Quando in Russia e in Usa nascono menti come Kondratiev e Rifkin, c'è da ben sperare..

In economia, le Onde di Kondratiev (chiamate anche Onde di Kondrat'ev o, più semplicemente, Onde K) sono cicli regolari sinusoidali nel moderno mondo economico capitalistico. L’economista russo riteneva che detti cicli erano quasi naturali,indipendenti dall’uomo e comunque lo start era sempre l’innovazione tecnologica,un insieme di pensieri,atti pratici di imprese trainanti ed imprese trainate. In Italia ci sono stati dei seguaci dell’economista rusoo ed anche il politico Spadolini, sollecitato dal Pallavicini , (l'economista Giancarlo Pallavicini, Vice Presidente della Fondazione Internazionale Kondratiev di Mosca/San Pietroburgo, che segnala le troppe interpretazioni piuttosto libere del pensiero di Kondratiev) apprezzo’ molto la teoria delle onde. Anche la Bocconi vedeva e vede con molto interesse questo economista russo, all’epoca mal visto dal regime bolscevico,che fu costretto al carcere e alla fucilazione proprio per le sue teorie,addirittura si disse che voleva costituire il partito laburista agricolo.Nonostante molte critiche la maggior parte dei teorici dei cicli sono comunque d'accordo con il paradigma di "Schumpeter-Freeman-Perez" che prevede dalla rivoluzione industriale fino ai giorni nostri l'identificazione di cinque onde, con una sesta in corso. Queste cinque onde sono: Rivoluzione industriale 1771 _Era del vapore e delle ferrovie 1829 _Era dell'acciaio, dell'elettricità e dell'ingegneria pesante 1875 _Era del petrolio, dell'automobile e della produzione di massa 1908 _Era dell'informatica e delle telecomunicazioni 1971 

Secondo questa teoria, noi ci troviamo al giro di boa della sesta onda di Kondratiev. Gli sviluppi teorici e pratici dei "cicli lunghi" sono seguiti dalla "Fondazione Internazionale Kondratiev"[3] e, per gli aspetti socio-economici, dall' "Istituto Internazionale P.Sorokin-N.Kondratiev" (USA-Russia), aventi entrambi sede presso l'Istituto di Economia dell'Accademia delle Scienze di Mosca, con Filiali in Italia, negli Stati Uniti ed in altri Paesi occidentali.

L’onda verde K sarà la prossima onda e di certo l’economista americano Rifkin ne è certo parlando di terza rivoluzione industriale, basata su energie rinnovabili, smart grids, idrogeno e stoccaggio della co2. Nel 2012 probabilmente è stata raggiunta la parte piu bassa della curva e inizierebbe un periodo abbastanza lungo e virtuoso di ripresa generalizzata mondiale, grazie alla consapevolezza di consumatori e imprese e politici e finanza ,di un mondo basato su sostenibilità. Utilizzo delle risorse energetiche naturali, attrazione di capitali in borsa e creazioni di colossi internazionali in tema di green Energy con operazioni di M& A e quotazioni, regole internazionali, e rivoluzione verde, anche su veicoli elettrici.

Nikolai Kondratiev nacque il 4 marzo 1892 in una famiglia di contadini. Originario della provincia di Kostroma, a poca distanza da Mosca in direzione Nord-Est, frequentò l'Università di San Pietroburgo, allievo di Mikhail Turgan-Baranovsky. Le sue prime occupazioni furono nel campo dell'economia agraria e della statistica, come dimostra la sua nomina a Ministro dell'Approvvigionamento il 5 ottobre 1917, nell'ultimo breve governo di Alexander Kerensky.

Membro del Partito Socialista Rivoluzionario, dopo la rivoluzione dl 1917 si dedicò all'attività di ricerca. Nel 1919 gli fu assegnato un posto da insegnante nell'Accademia di Agricoltura di Pietro il Grande, e nell'ottobre del 1920 fondò a Mosca l'Istituto di Congiuntura, riuscendo in pochi anni a renderlo unarispettata istituzione, forte della presenza di 51 ricercatori.

Nel 1924 Kondratiev viaggiò in Inghilterra, Germania, Canada e Stati Uniti e visitò diverse università prima di tornare in Russia. Nel frattempo, l'economista pubblicava il suo primo libro, già contenente l'idea delle Onde che l'avrebbe reso celebre, e si occupava di un piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura  in Unione Sovietica.

Sostenitore e teorico della Nuova politica economica (NEP), Kondratiev era favorevole alla strategia economica che faceva dell'agricoltura e della produzione di beni di consumo i settori dominanti il panorama economico sovietico, a discapito dell'industria pesante; le sue fortune ebbero perciò fine nel momento in cui la NEP fu accantonata, intorno al 1927.

Nel 1928 Kondratiev fu rimosso dall'incarico di direttore dell'Istituto di Congiuntura, e nel luglio del 1930 venne arrestato con l'accusa di far parte del "Partito Laburista dei Contadini" (presumibilmente un partito inesistente inventato dall'NKVD). Condannato come kulak-professore a 8 anni di prigione, scontò la sua pena a Suzdal, presso Mosca, a partire dal febbraio 1932. Malgrado il peggioramento delle sue condizioni di salute, Kondratiev continuò le sue ricerche e decise di preparare altri cinque libri, come scritto in una lettera alla moglie.

La sua ultima lettera fu spedita alla figlia, Elena Kondratieva, il 31 agosto 1938. Il 17 settembre dello stesso anno, durante la Grande Purga, fu sottoposto ad un secondo processo e fu condannato a dieci anni senza la possibilità di intrattenere corrispondenza con il mondo esterno. Kondratiev fu tuttavia fucilato il giorno stesso, all'età di 46 anni. Il suo ricordo è stato riabilitato quasi cinquant'anni dopo la morte, nel 1987. I suoi lavori vennero tradotti in inglese per la prima volta nel 1988 da Stephen S. Wilson.

Nel 1992, in occasione del centenario della sua nascita, venne fondata la Fondazione Internazionale N.D. Kondratiev.

 

 

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