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SPECIALE : Economia del benessere: Cos’è la Rsi secondo l’Europa

 Oltre il profitto

Il modello concettuale della CSR si è rapidamente affermato nella disciplina economica dando vita, negli ultimi anni, a numerosi filoni di studi come i sistemi di rating eticoe i modelli di governance proposti dalle autorità pubbliche. Il tutto affonda le sue radici nel “metodo della scomposizione dei parametri”, una modalità di calcolo dei risultati non direttamente economici dell’attività d’impresa, di Giancarlo Pallavicini.

L’azienda, pur mirando al profitto, deve saper misurare una serie di istanze interne ed esterne, ponendosi obiettivi non direttamente economici ma in grado di apportare valore. A proporlo, negli anni Sessanta, fu per primo l’economista italiano Giancarlo Pallavicini nel testo del 1968 “Strutture integrate nel sistema distributivo italiano”.

 

 

 

In realtà il padre dell’attuale CSR è niente meno che il filosofo Immanuel Kant, per cui l’essenza della morale risiede nella legge universale “Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua come nella altrui persona, sempre come fine e mai come semplice mezzo”. Ispirandosi a lui, Edward Freeman e William Evan propongono nel 1988 una nuova forma di capitalismo manageriale basata sul concetto di fiduciary relationship, ossia di rapporto fiduciario tra il manager e gli stakeholder, rapporto fondato, a sua volta, su due principi: le aziende e i loro manager non possono violare il diritto legittimo degli stakeholder a determinare il proprio futuro; le aziende e i loro manager sono responsabili degli effetti delle loro azioni sugli stakeholder.

Tale teoria è il fondamento del pensiero della responsabilità sociale d’impresa poiché la spinge a rapportarsi in modo leale verso tutti coloro che, a vario titolo, hanno a che fare con essa, includendo i dipendenti, i clienti, i fornitori e l’intera comunità. Per un’impresa essere eticamente responsabile significa non solo raggiungere l’obiettivo primario, ossia il profitto, ma più di ogni altra cosa realizzarlo nel rispetto di determinate regole: preservare la propria reputazione; essere capace di ispirare fiducia agli stakeholder e cooperare con loro; realizzare la propria mission in modo trasparente, chiaro e comprensibile; valorizzare le proprie risorse umane; essere leali nella concorrenza; rispettare le norme nazionali e internazionali; evitar qualsiasi discriminazione nei confronti di tutti gli stakeholder. In quest’ottica, etica e profitto vanno di pari passo, poiché se un’azienda non è chiara nel mostrare i propri obiettivi e progetti, sicuramente non ispirerà fiducia e questo andrà a danneggiare la propria reputazione e di conseguenza il proprio profitto.