Blogs
12 Nov

Ho aderito all'invito di Marco Lacava, nei termini che seguono.
Non commento quanto scritto in premessa, anche perché mi impongo di rispettare le altrui opinioni, anche se non condivise. 
Da osservatore diretto ho maturato la convinzione che Gorbacev
sia stato influenzato, sul piano pratico, dalla constatazione che il socialismo reale non aveva raggiunto i suoi obiettivi. L’economia libera, anziché fallire, secondo le previsioni della dottrina Marxista/Leninista, si trovava nella condizione di poter realizzare imprese, come l’ombrello spaziale antiatomico, che l’Unione Sovietica non poteva costruire senza ridurre ulteriormente il livello dei consumi del popolo, già troppo al di sotto di quelli dei paesi occidentali. Peraltro, tale divario non poteva essere mascherato a lungo, per lo svilupparsi della tecnologia informatica. Con questo non voglio assolvere gli eccessi di consumismo, ma neppure ignorare le condizioni di arretratezza della produzione e, ancor più, della distribuzione dei beni di consumo alimentari e non nell’Unione Sovietica e il diverso trattamento riservato alle varie categorie di cittadini. Diversità che non mancano certo nell’economia di mercato e che andrebbero alleviate, possibilmente in regime di libertà. Quella libertà che aveva ispirato la Rivoluzione d’Ottobre, ma che nel tempo si era tradotta nel dominio su tutti di una piccola minoranza di iscritti al partito comunista. E qui veniamo all’altro aspetto, quello ideologico, perché Gorbacev era animato da spirito spiccatamente liberistico, nel promulgare leggi per la glasnost e la perestrojka. I moti del 1991, che hanno riguardato una piccolissima minoranza dei moscoviti e quasi un niente dell’intera 
popolazione russa, videro la rivincita di Eltsin e di quelli che divennero i grandi
oligarchi, con l’appropriazione dei beni del popolo, attraverso forme particolari di privatizzazione. Le quali ultime sarebbero state realizzate gradualmente ed in modo più virtuoso da Gorbacev, anche su mio suggerimento nel ruolo di Primo consulente occidentale del Governo Sovietico. E ciò per non penalizzare troppo la popolazione, come di fatto poi avvenne. Ma Eltsin non sembrò preoccuparsene troppo e con lui alcuni altri esperti occidentali, successivamente intervenuti, che sostennero la possibilità di riformare completamente l’economia russa in 500 giorni!
Finì in tal modo lo spirito originario della perestrojka e il popolo pago a caro prezzo il disordine che ne è seguito. Per porvi riparo si è ricorsi all’avvento di Putin, col quale è stato riportato alle istituzioni centrali della Federazione Russa il potere sfrangiato delle diverse Repubbliche e Zone che la compongono. Il resto è storia recente.

22 Ott

Ho risposto al gruppo su Adriano Olivetti, nei termini che seguono.

Ringrazio per l’ammissione! Mi è caro qui ricordare che l’Economia di Comunità di Adriano Olivetti ha anticipato anche l’Economia di Comunione del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, così chiamata, anche per mio suggerimento,  proprio per distinguerla da quella “olivettiana”. Purtroppo Adriano Olivetti non poté continuare 

nella realizzazione del Suo progetto, ne approfondire e, forse accogliere, il “Metodo della scomposizione dei parametri”, da me propostogli. Per chi fosse interessato a questi inediti aspetti della sensibile, illuminata e lungimirante visione di Adriano Olivetti, segnalo la voce del Portale Treccani “Metodo della scomposizione dei Parametri” ed “Economia di Comunione”, nonché, “responsabilità sociale d’impresa”al mio sito.

Un cordiale saluto.  Giancarlo Pallavicini

 

15 Ago

Ripreso dopo errata cancellazione

Ho commentato, nei termini che seguono, un interessante richiamo di Annamaria Santoro al Gabbiano Jonathan Livingston, che, una volta risolto il problema immediato con i pesciolini nella pancia, non stava a poltrire nell’attesa di avere ancora fame, guardava e volava oltre, per realizzare la sua vocazione. 

Annamaria Santoro: Sì, lo so, un gabbiano sa a malapena camminare …

Ma non capisci? 

Un gabbiano non è stato creato per camminare, è stato creato per volare e quando impara a volare è la più pura, la più bella, la più aggraziata creatura del mondo.
Questo vale per te, vale per me, vale per tutto lo stormo. 
Noi possiamo librarci liberi nel cielo, ma spesso non lo vogliamo. È questo il regalo che possiamo fare: aiutare quelli che vogliono imparare a capire.
— leggendo Il gabbiano Jonathan Livingstone.

Concordo con Anna Maria e con tutti i commenti. In qualche modo il gabbiano Jonathan rappresenta anche l'impegno col quale ciascuno di noi è chiamato a elaborare nel miglior modo - quindi scegliendo sempre il meglio, essendone disposti a pagarne il prezzo - il bagaglio datoci dal Creatore, già nel grembo materno, poi nella famiglia, nella scuola, con gli amici, nello studio e poi nel lavoro, impegnati per sé e per gli altri.

Così facendo non si è soltanto la miglior elaborazione possibile, pur con i nostri limiti, del bagaglio datoci, ma si giunge a realizzare sé stessi, che, per dirla con Octavio Paz, Nobel colombiano in "El arco y la lira", significa essere quell'altro che ciascuno porta dentro di se come speranza o possibilità di essere. Tornando al nostro Gabbiano, ho da sempre immaginato un mio seguito alla bellissima sua vicenda. Che a furia di volare sempre più in alto, per poi buttarsi in picchiata a lambire gli scogli e a sfiorare i flutti del mare, un certo giorno giunge laddove una barriera separa il conosciuto, il vissuto dal vuoto, dal nulla. Ma non si ferma: col moto delle sue ali suscita lo spazio col quale volare ancora più su. Come dice Octavio Paz, o meglio, come dice San Paolo per la duplicità che caratterizza ogni creatura. Anche e forse soprattutto nell'aderire al disegno d'Amore del Crearore su ciascuno e su tutto l'Universo di cui siamo un piccolissimo, ma partecipe punticino. Di questo sviluppo del Gabbiano puoi trovare traccia anche in miei lavori, come nel mio sito, alla voce "Economia"/Myr Cultura in Russia, lo scritto "Pensando ad un amico: Nicolaj Samvelyan".