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G. Pallavicini

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Domenica, 21 Dicembre 2014 18:32

Natale: povero e tremante bambinello

Sabato, 13 Dicembre 2014 16:30

PUBBLICO E PRIVATO: CHE BANCHE! MA CHI PAGA?

PUBBLICO E PRIVATO: CHE BANCHE!  MA CHI   PAGA? 

Sono per cultura e scelta un liberista convinto, anche se valuto molto positivamente 

la scelta dell'economia mista dell'ultimo dopoguerra, derivata soprattutto dal 

Codice di Camaldoli. Del resto, ho preso atto del fallimento dell'esperienza

marxista-lenInista, toccata con mano nel mio ruolo di primo consulente occidentale 

del Governo sovietico per la perestrojka, e delle diffuse ruberie ed abusi in larga 

parte dell'economia pubblica,  ma non posso esimermi dal constatare un  

cambiamento "epocale" nel mondo globalizzato, che mi pone una serie di 

domande sul pubblico e sul privato.

Per esempio, nell'economia reale in crisi, dovuta a quella finanziaria, ancora

potenzialmente esplosiva e per sollevare la quale negli anni scorsi i Governi dei 

singoli Paesi hanno profuso miliardi di Euro a palate (in Germania 250, in Italia 

solo 4, per non parlare dell'enormità negli USA). Attualmente la BCE continua 

opportunamente a sostenere la liquidità delle banche, perché  amplino la loro

attività di sostegno dell'economia, troppo negletta rispetto ai più comodi 

investimenti in titoli del debito sovrano. Ma queste erogazioni sono sostenute "pro 

quota" dai Paesi dell'Eurozona e, alla fine, dai cittadini che subiscono la pesante 

falcidia tributaria sui loro redditi e talvolta sui patrimoni. E' giusto che le banche 

beneficiarie di tali erogazioni siano governate unicamente dai rappresentanti del 

loro capitale sociale, ovviamente con il controllo dell' Organo di Vigilanza, se una 

cattiva loro gestione ricade in danno del risparmiatore, pur con alcune garanzie 

dello Stato, che alla fine sono pagate dal cittadino contribuente? Ecco qui  

affacciarsi il dubbio che possa essere utile un diverso rapporto tra privato e 

pubblico tutto da reinventare. Che magari non sia in termini partecipativi al capitale

di rischio, ma in termini di nuova concezione della finalità dell'attività bancaria, 

non soltanto orientata al profitto, ma allargata ad una serie di obiettivi che

tendano ad assecondare istanze proprie dell'economia generale del Paese, della

società, dei singoli cittadini. Non come generica aspettativa, ma concretamente

perseguita, realizzata e calcolata, con le modalità di cui da tempo si dispone. 

E non posso qui non ricordare tra queste il mio datato "Metodo della scomposizione 

dei Parametri" degli anni '50, cui "Treccani on line"  ha dedicato una voce.

Questo delle banche è solo un esempio. Perché è l'assieme del sistema 

finanziario che non va. Occorre un limite alla finanza aggressiva e irresponsabile 

protesa alle massime "performance" nell'immediato, anche a costo di 

compromettere le loro stesse prospettive a medio e lungo termine. Basta al 

capitalismo selvaggio, che non valuta le conseguenze dei propri atti, al di la del 

profitto, ignorando la responsabilità del proprio agire nel mondo  globalizzato, che 

rende tutti sensibili agli altrui comportamenti, a prescindere dalla distanza 

geografica e quasi in tempo reale. Per effetto della tecnologia, soprattutto

informatica, che sta cambiando il mondo. Lo stesso dicasi per lo sfruttamento delle 

risorse di intere aree geografiche, che non arreca vantaggio alle popolazioni locali 

e crea le premesse all'immigrazione.

Ma non solo. Manca nell'assieme una crescita culturale che sappia mediare, a

vantaggio dell'uomo e del suo ambiente sociale e culturale, lo sviluppo scientifico

e tecnico. Infatti, molti aspetti dell'umanità e del suo ambiente sono sempre più 

influenzati dalle nuove applicazioni tecnologiche. Nel micro e nel nano ci sono 

sviluppi, un tempo impensabili, che vengono portati avanti senza adeguato 

approfondimento delle conseguenze esercitate sull'umanità e sul suo ambiente.

Si amplia opportunamente il ricorso alle nanotecnologie, ma nessuno si preoccupa 

del fatto che queste nano particelle, spesso introdotte nell'aria da applicazioni 

improprie, come nell'asfalto di un'autostrada, quasi fosse comune vernice. Per lo 

stesso attrito dei veicoli le nano particelle, fluttuanti nell'aria,  vanno ad accumularsi 

nella corteggia celebrare, non essendo fermate nei polmoni, come avviene per le 

fibre di amianto, pur con le note conseguenze!  E siamo solo all'inizio di applicazioni 

di grande interesse, ma che vanno portate avanti con lungimiranza, accuratezza e, 

soprattutto,  con responsabilità. 

La scienze sembra giunta  al bordi del Mistero, e manteniamo un comportamento 

collettivo da barbari, quasi irresponsabile: dall' "homo sapiens", trascurando i 

predecesssori, siamo passati all' "agricola", poi al "faber" e al "ludens". 

Auguriamoci di passare in futuro al "ridens" e  non al "planges". Ma, forse, sarà 

 

solo bionico!

 

Sabato, 06 Dicembre 2014 20:11

La Civiltà del Pane

 
 

Ho concluso con l'ultima relazione "Il Pane: Cibo eletto e simbolo di Civiltà", nell'ambito dell'evento "La Civiltà del Pane", incontro internazionale con una cinquantina di relazioni, tenutosi all'Università Cattolica di Brescia in vista di Expo 2015, con la partecipazione e il patrocinio della FAO, assieme a Unesco, Parlamento Europeo, Ministero per le Attività Agricole, Ministero per i Beni Culturali, Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Fondazione Cariplo, Accademia della Crusca e moltissime altre istituzioni pubbliche e private. Un successo per l'elevato livello dei contributi presentati e per il numeroso qualificato pubblico e la frequenza studentesca per l'intera settimana.

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