Qualità Sostenibile

Il primo contributo moderno in materia di RSI viene fatto risalire agli studi di H.R. Bowen che, nel 1953, sottolineava la rilevanza, per l'analisi delle scelte aziendali, non solo dei risultati economici ma anche delle correlate conseguenze di natura sociale'.

Nello specifico, la responsabilità sociale dell'impresa era intesa come «il dovere di perseguire quelle politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee d'azione che sono desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società». Nel corso del tempo aumentarono gradualmente i contributi teorici in materia, fino all'affermazione definitiva nel corso degli anni '70 del Novecento, parallelamente alla crescente importanza della dimensione globale dell'economia e all'incremento del potere delle imprese.

La teoria ha, dunque, approfondito il comportamento dell'impresa socialmente responsabile, affiancando alla responsabilità economica, le responsabilità giuridiche, etiche e discrezionali. Le prime tre riguardano la "correttezza degli affari", mentre alle responsabilità "discrezionali" corrisponde la nozione di RSI, cioè quelle che non rientrano né nella legge né fra le richieste fondamentali e che l'impresa assume volontariamente (per esempio gli investimenti facoltativi a favore della comunità o gli interventi filantropici). 

Da allora si è animato il dibattito sulla responsabilità sociale d'impresa, sulle sue finalità e sulle modalità con cui soddisfare le istanze dei diversi stakeholder. Si ricordano, a tal proposito: gli studi relativi allo sviluppo di una teoria degli stakeholder e corporate social responsibility, la definizione del concetto di cittadinanza aziendale (corporate citizenship) e la codifica del concetto di sostenibilità come obiettivo ampio (composto dalla "triple bottom-line" economica, sociale e ambientale) e di lungo periodo a cui deve tendere l'attività d'impresa. Il concetto della "responsabilità sociale d'impresa" è stato formulato esplicitamente per la prima volta da Robert Edward Freeman nel suo saggio "Strategic Management: a Stakeholder Approach" (Pitman, London, 1984), in cui espone la teoria per la quale l'attività di un'organizzazione aziendale deve garantire un minimo prestazionale a tutti i portatori di interesse (stakeholder).

 

Freeman e successivamente altri economisti hanno ripreso e sviluppato le idee dell'economista italiano Giancarlo Pallavicini,Giancarlo Pallavicini, il quale, nel suo saggio "Strutture integrate nel sistema distributivo italiano" (Giuffrè, Milano, 1968), afferma che l'attività d'impresa, pur mirando al profitto, deve tenere espressamente presenti una serie di istanze interne ed esterne all'impresa, anche di natura socio-economica, per la misurazione delle quali veniva proposto il "metodo della scomposizione dei parametri".